Dopo un po’ di tempo torno a
parlare dell’Italia. Già tempo fa avevo segnalato che vi era una
certa preoccupazione osservando l’andamento dei tassi di interesse
pagati dall’Italia sulle emissioni dei nuovi titoli di stato (vedi
post del 19/12/2010). La situazione è poi precipitata a fine luglio
e si è andata pian piano incancrenendo nonostante tre manovre
fiscali, la promessa del pareggio di bilancio nel 2013 e le recenti
rassicurazioni date in sede europea sul rinnovamento del sistema
produttivo italiano.
Una domanda sorge spontanea: ma
l’Italia, osservandola nel suo complesso, sta messa veramente così
male come appare dalle preoccupazione provenienti dai mercati
finanziari?
Riporto un po’ di dati letti ultimamente sulla carta stampata, ma
non di origine italiana. Di conseguenza sono dati più attendibili
poiché non viziati da ottiche politiche nazionali. Altri dati li
avevo evidenziati in precedenza. Leggendo un po’ il blog si può
avere un quadro ampio della situazione.
In primo luogo un dato che ci deve far riflettere sulla possibilità
di introdurre una patrimoniale in Italia. Di seguito sono riportati
i detentori di ricchezza sopra i centomila dollari. Queste sono le
percentuali a livello mondiale: Stati Uniti 21%, Giappone 16%,
Italia 8%, Germania 7%, Regno Unito 7%, Francia 6%, Cina 6%
Spagna-Canada-Australia 3%, Brasile 2% (dati Credit Suisse Research).
Cosa significa? Che a livello mondiale ben l’8% delle persone che ha
una ricchezza superiore ai 100 mila dollari risiede in Italia. Siamo
la terza nazione al mondo in base a questa classifica. 100 mila
dollari non è una soglia elevatissima, (stiamo parlando di ricchezza
non di reddito!), ma avere l’8% di questi “ricchi” pur essendo una
nazione piccola dal punto di vista della popolazione e in declino
economicamente significa che nonostante tutto gli italiani hanno una
buona ricchezza se parametrata con i livelli internazionali. Questo
risultato è indubbiamente legato alla storica propensione al
risparmio delle famiglie italiane. Ma questo dato ci dice altre due
cose: che è possibile metter su una discreta ricchezza anche in
Italia, Paese ad alta tassazione e “arretrato”, e che una tassa
patrimoniale ben fatta e progressiva può portare buoni frutti.
Altro dato molto interessante è la ricchezza media pro capite,
considerando le persone oltre 20 anni di età. I dati si riferiscono
a giugno 2011.
Ecco una tabella riassuntiva delle prime 10 posizioni
Ricchezza media pro capite persone oltre 20
anni. In dollari. Giugno 2011. dati Credit Suisse Research |
Svizzera |
540.010 |
Australia |
396.745 |
Norvegia |
355.925 |
Francia |
293.685 |
Singapore |
284.692 |
Svezia |
284.146 |
Belgio |
275.524 |
Italia |
259.826 |
Regno Unito |
257.881 |
Giappone |
248.770 |
Solo la Francia ci precede tra i
grandi Paesi. Questo dato è ancora più confortante rispetto al
precedente. Anche facendo una media pro capite otteniamo un ottimo
piazzamento internazionale. Probabilmente qualche lettore starà
dubitando dei dati. Ricordo che sono medie. È normale che ci siano
persone molto sopra quella media e persone molto al di sotto.
Inoltre qui si parla di ricchezza, quindi vi rientra anche il valore
della casa in cui si vive.
A conti fatti, però, la ricchezza media degli italiani adulti è
all’ottavo posto nel mondo e al secondo posto tra le nazioni del G8,
dopo la Francia.
L’aspetto peculiare italiano è che i 3/5 della ricchezza sono
investiti in beni immobili, di solito meno soggetti ad oscillazioni
di valore. Ciò permette alla ricchezza italiana di crescere o
rimanere stabile anche in periodi turbolenti come quelli attuali in
cui i valori mobiliari (azioni e obbligazioni) si contraggono.
Un altro dato interessante riguarda i debiti. I debiti medi, pro
capite, sono pari a 24 mila dollari in Italia, considerando gli
adulti. Le altre nazioni ci superano in questa classifica. La
Germania registra debiti medi per 33 mila dollari, i francesi 41
mila, gli inglesi 54 mila, gli statunitensi 59 mila, i canadesi 60
mila e gli irlandesi 88 mila dollari. Quindi, gli italiani hanno una
elevata ricchezza pro capite e un basso livello di indebitamento.
Questi tre dati dovrebbero confortarci. In caso di estremo bisogno e
di pericolo per le finanze pubbliche il sistema economico italiano
potrebbe essere chiamato a sostenere lo Stato partendo da una
condizione migliore rispetto a quella dei cittadini degli altri
Paesi.
Ma c’è un quarto dato interessante. I fondi stanziati dagli Stati in
aiuto delle banche ci danno un quadro della situazione che rafforza
ulteriormente la posizione italiana. Attualmente l’Europa ha in
essere aiuti pubblici superiori a 1200 miliardi di Euro e gli Stati
Uniti superano i 1400 miliardi (dati Mediobanca a giugno 2011).
Come si distribuiscono fra i Paesi europei questi 1200 miliardi? La
Gran Bretagna ha in essere sostegni al sistema bancario pari a 650
miliardi, la Germania è a quota 144 miliardi, l’Irlanda a 136,
l’Olanda a 88, il Belgio a 66, la Danimarca a 31, la Francia a 26 e
la Spagna a 19. E l’Italia? L’Italia, al giugno 2011 aveva in essere
un ammontare di aiuti al sistema bancario pari a 2,6 miliardi, cioè
circa lo 0,2% del totale europeo. L’Italia ha dovuto sostenere il
sistema bancario per 4 miliardi dall’inizio della crisi, e
considerando i rimborsi già effettuati da alcune banche, a giugno
questo ammontare era sceso a 2,6 miliardi di Euro. In Europa si è
passati da 2200 miliardi come somma totale degli aiuti a 1200
miliardi a giugno 2011.
Si può senza ombra di dubbio affermare che il sistema bancario
italiano ha reagito meglio alla crisi. Probabilmente perché,
nonostante i detrattori siano molti in giro, la Banca d’Italia ha
ben vigilato in passato evitando che le banche assumessero troppi
rischi finanziari.
Tutti quelli elencato sono indubbi punti di forza dell’Italia. E
allo la debolezza dove sta? La debolezza, in Italia, è rappresentata
dai Governi. Non sono mai riusciti veramente a far quadrare i conti
e a dare un saldo indirizzo allo sviluppo nazionale. Non hanno
ancora capito che quando cambia il colore del governo non bisogna
buttare tutto ciò che ha fatto il governo precedente (pensate alle
riforme e contro riforme della scuola), ma cercare di proseguire su
una comune linea di sviluppo dando, ovviamente, la propria
impostazione politica. Chissà, prima o poi potrebbe anche accadere.
Inoltre, una debolezza dei Governi italiani sta anche nel non
riuscire a far valere i punti di forza italiani nelle opportune sedi
evidenziando le debolezze delle nazioni che si mostrano come
maestrine, ma dovrebbero prima badare ai propri problemi.
AF 29/10/2011
Vietata la riproduzione. Se vuoi
citare scrivi: Antonio Forte, "L'Italia sta veramente male?", http://antonioforte.xoom.it.
INTERVENTI
|