Abolire l'art.18 dello Statuto dei Lavoratori (lg. 300/1970)

Parto dal presupposto che ho sempre considerato in modo negativo le disparità di trattamento tra individui. In Italia poi, siamo fenomenali nel considerare diverse le persone. Il discorso potrebbe prendere pieghe impreviste, ma in questo caso mi soffermo sul mondo del lavoro. È evidente che negli ultimi anni abbiamo assistito alla frattura del patto intergenerazionale. Abbiamo pensionati junior, pensionati con pensioni da favola anche se hanno lavorato per soli 20 anni, pensionati con doppio lavoro, e, dall’altra parte, abbiamo lavoratori che avranno fra 15-20 anni una pensione al limite della sopravvivenza, abbiamo dovuto utilizzare il TFR per sopperire alla carenza del primo pilastro (poiché la pensione statale sarà estremamente bassa si è deciso di utilizzare il TFR, che fino a qualche anno fa era un qualcosa in più, per incrementare i livelli minimi delle future pensioni) e, dulcis in fundo, abbiamo un mercato del lavoro praticamente spaccato a metà. Da un lato chi, anche con livelli di istruzione bassi, ha un lavoro stabile e ben retribuito da anni e chi, anche con laurea o più, trova occupazioni “alla giornata”, senza alcuna prospettiva e senza alcuna garanzia. In questo contesto, si inserisce la più antica forma di discriminazione perpetrata ai danni dei lavoratori italiani. L’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (la legge numero 300 del 1970). Il fatto che tale garanzia sia limitata alle imprese con più di 15 dipendenti non l’ho mai potuta sopportare.

Un ultimo problemuccio è quello del debito pubblico. Chi lo ripagherà? Ovviamente i giovani di oggi, i loro figli e i loro nipoti. Non di certo chi quel debito lo ha creato o chi ha goduto gli effetti positivi di quel debito (la generazione di cui sopra…con pensioni elevate e sicurezza sociale massima).

Partendo da questi presupposti (che non mi sembrano confutabili…) ecco la mia proposta. Aboliamo l’articolo 18 in maniera retroattiva. Il patto intergenerazionale è saltato, la nostra generazione non può risolvere tutti i problemi di questa nazione. La flessibilità-precarietà non può essere scaricata solo su una generazione. E quindi, rendiamo tutti i lavori precari. Diamo la possibilità a tutte le aziende di licenziare i lavoratori. In questo modo, precarizzando tutti, anche altre logiche dovranno essere per forza cambiate (ad esempio le banche, non avendo più alcun lavoratore a tempo indeterminato cui prestare denaro adotteranno ancora politiche diverse tra la vecchia generazione stabile e la nuova precaria?).

Ma la mia proposta non è così semplicistica. Cercherò di riassumerla in pochi punti per evitare di scrivere troppo.

-         Le imprese possono licenziare indicando la causa del licenziamento.

-         Preavviso di 3 mesi.

-         Dopo i 3 mesi di preavviso, l’impresa continuerà ad erogare il 50% dello stipendio per un periodo di tempo pari alla durata media del periodo di disoccupazione calcolato nella regione di residenza. Esempio: stipendio da lavoratore 1000 euro. Dopo il licenziamento l’impresa mi dovrà corrispondere 500 euro. Questi 500 euro verranno erogati per un periodo pari alla durata media regionale del periodo di disoccupazione. Se in Toscana un lavoratore impiega 7 mesi per trovare lavoro, avrà per 7 mesi questo 50%. Se in Calabria occorrono 10 mesi il periodo sarà di 10 mesi.

-         Lo stato interviene erogando un ulteriore 30%, in modo tale che il licenziato potrà avere l’80% di ciò che guadagnava prima. Si arriva, nel caso precedente, a 800 euro.

-         Dopo il periodo indicato in precedenza l’impresa cessa di aiutare la persona licenziata e lo stato incrementa il suo sostegno fino al 70%. Quindi, oltre il periodo medio di disoccupazione, ci sarà solo l’intervento dello Stato che erogherà, nel caso specifico, 700 euro.

Con questa proposta si raggiungono alcuni obiettivi:

-         si elimina la Cassa integrazione, che è a carico dello Stato e serve alle imprese per scaricare sulla collettività i loro problemi.

-         si crea un cavallo di ritorno. Se la situazione dell’impresa migliora e ha bisogno del personale, non sarà permesso fare nuove assunzioni se ci sono lavoratori licenziati cui viene corrisposto il sostegno totale dello Stato (cioè il 70% di cui sopra) da 12 mesi. Esempio: mi licenziano oggi, per 8 mesi ricevo 50% da impresa e 30% da Stato. Dopo riceverò solo il 70% dallo Stato, ma se nel coso dei primi 12 mesi in cui lo Stato mi eroga questo 70% l’impresa ha necessità di assumere, essa sarà obbligata a richiamare il lavoratore licenziato (se la mansione è simile).

-         Le imprese rimangono responsabili delle loro azioni e della “vita” dei lavoratori. Se licenziano hanno comunque la responsabilità di traghettarli fino alla nuova occupazione.

So che tale proposta è abbastanza forte, ma questo Paese ha bisogno veramente di qualche scossa per rialzarsi. Non delle scemenze di cui si sente parlare in questi giorni…

AF 26/08/2009

Vietata la riproduzione. Se vuoi citare scrivi: Antonio Forte, "L'Italia sta veramente male?", http://antonioforte.xoom.it.

 

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