Il F.M.I. e l'inflazione

Qualche settimana fa, Olivier Blanchard, capo economista del Fondo Monetario Internazionale, nonchè economista di fama internazionale, ha avanzato una proposta abbastanza sui generis, visto il posto in cui lavora adesso: far salire l'inflazione obiettivo delle Banche Centrali dal 2 al 4%.

Cerco di spiegare perchè la ritengo strana, poi mi soffermerò sul perchè è stata proposta e su quali potrebbero essere le motivazioni e le conseguenze.

In primo luogo ricordiamo che il FMI è stato sempre la culla del famoso "Washington Consensus": il W.C. è l'espressione del pensiero economico dominante degli ultimi 30 anni. Il FMI proponeva una ricetta di politica economica improntata alla riduzione del ruolo dello stato nell'economia, condita con liberalizzazioni nel commercio e con privatizzazioni delle imprese pubbliche. La riduzione dei deficit di bilancio ed una politica monetaria abbastanza espansiva ultimavano la ricetta. Questa impostazione veniva applicata in maniera quasi del tutto omogenea in ogni parte del mondo. Una politica così impostata renderebbe l'economia più aperta, più competitiva, meno statalista e avrebbe come conseguenza un incremento della produzione, della produttività e una riduzione dell'inflazione. L'inflazione si ridurrebbe sia perchè verrebbero eliminati i sostegni alla domanda forniti dallo stato, ma anche perchè la maggior competizione interna e internazionale tenderebbero a ridurre le spinte sui prezzi.

Tutto ciò è andato bene (per il FMI) fino all'inizio della crisi. Infatti, da un lato queste politiche non si sono rivelate universalmente le migliori possibili (alcuni stati hanno raggiunto risultati ottimi anche non seguendo l'impostazione del FMI...un esempio? La Cina! Il libro "La Globalizzazione e i suoi oppositori" del premio nobel per l'economia Stiglitz ci dà una visione completa di ciò), dall'altro lato la drammaticità della crisi ha spinto ad un ripensamento delle teorie economiche dominanti. C'è da considerare però, che la bassa inflazione è sempre stata vista come un traguardo importante da raggiungere. E la bassa inflazione degli ultimi 15 anni (intorno al 2% o anche più bassa) è stata considerata un grande successo da parte del FMI.

Quindi, avviare un dibattito sulla bontà o meno di un basso tasso di inflazione confligge in maniera evidente con l'impostazione "storica" del Washington Consensus.

Questo in teoria. Perchè, appena ci si addentra nelle spiegazioni teoriche fornite da Blanchard per supportare la sua proposta, ci si accorge che in realtà c'è veramente poco di nuovo sotto il cielo.

Perchè, secondo Blanchard sarebbe utile innalzare il tasso di inflazione obiettivo dal 2 al 4%? La prima spiegazione è la seguente: Un tasso di inflazione basso, fa sì che le banche centrali, in periodi di calma, stabiliscano tassi di interesse nominali bassi. Esempio, se l'inflazione è al 2% la Banca Centrale Europea può fissare un tasso del 3, 4, 5% ma non di più. Questa situazione comporta degli svantaggi, a detta di Blanchard, quando l'economia entra in crisi perchè le banche centrali potrebbero ridurre i tassi di poco. Possono portarli dal 3,4, 5% all' 1% o allo 0% (come in Giappone e negli US adesso). Poichè i tassi nominali non possono essere negativi, le banche avrebbero scarsa possibilità di azione. Invece, portando il tasso di inflazione obiettivo al 4% le banche centrali potrebbero innalzare i tassi nominali fino al 7, 8% e, quindi, in caso di crisi la riduzione dei tassi sarebbe più marcata (ad esempio dal 7% allo 0%) rispetto al caso precedente. Una riduzione più sostanziosa dei tassi darebbe un maggior impulso all'economia. Questa la prima spiegazione di Blanchard: si aumenta il tasso di inflazione, le Banche Centrali aumentano i tassi e così hanno maggior possibilità d'azione in caso di crisi.

La seconda spiegazione è la seguente: un'inflazione bassa rende più difficile la riduzione del costo reale del lavoro. Cosa significa? Ecco una semplice spiegazione: se i lavoratori riescono ad ottenere incrementi dei salari del 2%, ma l'inflazione è al 2% per le imprese non cambia niente. Infatti, le imprese aumentano i prezzi del 2% (cioè l'inflazione è al 2%) ma anche i salari aumentano del 2% e i salari rappresentano un costo per le imprese! Sia i costi che i ricavi aumentano del 2% e per le imprese la situazione non è mutata. Anche per i lavoratori non cambia nulla. Hanno lo stesso potere d'acquisto. Il loro stipendio è aumentato del 2%, ma poichè i prezzi sono aumentati del 2% possono comprare sempre la stessa quantità di prodotti. Per Blanchard una situazione di questo genere non è ottimale perchè nei settori più arretrati sarebbe opportuno una riduzione del costo reale del lavoro. E tale riduzione si può ottenere più facilmente con una inflazione più elevata. Come? Esempio: i lavoratori possono ottenere un corposo aumento del salario del 3% e vedere lievitare il salario nominale (da 1000 euro a 1030 euro mensili in un anno...non male 30 euro in più al mese) ma se l'inflazione è al 4% possono acquistare meno di prima perchè i prezzi crescono, in percentuale, più di quanto cresca il loro salario. In questo modo, i lavoratori perdono potere d'acquisto (anche se vedono lievitare il salario, subiscono una presa in giro "nominale") e le imprese ci guadagnano. Infatti, le imprese possono incrementare i prezzi del 4%, cioè aumentano i ricavi del 4%, mentre pagano salari che aumentano solo del 3%. Ricavi +4%, costi +3% e le imprese fanno festa.

Queste spiegazioni sono state indicate palesemente da Blanchard (non le ho inventate io) e sono condivise da molti economisti. Basta leggersi IlSole24Ore per vedere con quanto entusiasmo il giornale di Confindustria abbia accolto la proposta e con quanta disponibilità accolga sulle sue colonne contributi di economisti che sostengono questa tesi.

Detto ciò veniamo alle critiche.

1) Il caro Blanchard dovrebbe leggersi un po' dei miei lavori: nel corso degli ultimi 10-15 anni i lavoratori hanno già ampiamente dato il loro contributo in termini di riduzione del salario reale. Soprattutto nell'area Euro questo fenomeno è evidente già dalla seconda metà degli anni 90. Basterebbe leggere le statistiche pubbliche. Quindi, se il problema di Blanchard è quello di trovare un posto dove poter depositare il famoso "cetriolo", sappia che è possibile ridurre i salari reali anche con una inflazione bassa. Aumentare l'inflazione non è una condizione necessaria per ridurre i salari reali.

2) Forse il caro Blanchard, che guadagna sicuramente parecchio e non ha problemi a far quadrare i conti della sua famiglia, non sa che ancora moltissime famiglie, soprattutto in USA e UK e nei Paesi nordici, hanno estrema difficoltà a ripagare i mutui contratti nei periodi in cui c'era l'allegria globale dei subprime. L'indebitamento delle famiglie è ancora spaventosamente alto rispetto al reddito e solo negli ultimi 6 mesi le famiglie americane hanno ripreso a risparmiare parte del loro reddito. Negli USA le famiglie oggi riescono a risparmiare solo perchè i tassi sono talmente bassi che si è riusciti a ridurre il peso delle rate dei mutui, permettendo così alle famiglie di impiegare meno risorse per ripagare la casa o gli acquisti fatti a rate. Se si incrementa il tasso di inflazione le banche centrali aumenteranno i tassi di interesse a livelli mai visti negli ultimi 10-15 anni, le rate di mutui e prestiti diventeranno più onerose e le famiglie saranno nuovamente in difficoltà. Riassumiamo: i salari aumenteranno meno dell'inflazione, le rate di mutui e prestiti saranno più pesanti...cosa succederà? Famiglie in difficoltà che riducono i consumi per pagare le rate, i consumi si riducono e le imprese entrano in crisi, pignoramenti di case con nuova crisi del mercato immobiliare e così via. Vi sembra una buone idea?

3) Uno dei pilastri su cui si fonda l'autonomia e l'operatività delle banche centrali è la loro credibilità. Già la crisi ha messo a dura prova la loro credibilità agli occhi dei cittadini. Pensiamo cosa accadrebbe se, da un giorno all'altro, accogliendo l'idea di Blanchard ci dicessero: scusate, per decenni vi abbiamo detto che una bassa inflazione era un bene, ora abbiamo cambiato idea. Il 4% è meglio del 2%, anche perchè così vi possiamo fregare meglio. Cosa accadrebbe? Come minimo sindacati e lavoratori inizierebbero a fare richieste molto più corpose di aumento dei salari e l'idea di Blanchad naufragherebbe. Ci ritroveremmo con molti più problemi senza aver risolto quasi nulla. E le banche centrali diventerebbero il bersaglio preferito di tutti, perdendo la loro credibilità.

4) e allora...cui prodest? Poco fa ho detto che si risolverebbe quasi nulla. E' il "quasi" che è affascinante! La teoria economica ci dice che l'inflazione aiuta i debitori e svantaggia i creditori (se non sapete il perchè fate un atto di fede). Quindi, più inflazione significa aiutare chi ha debiti. Chi è fortemente indebitato adesso? Facile, gli stati. E quali stati in modo particolare? Quelli che avevano il sistema bancario più "avanzato", che hanno dovuto sborsare cifre esorbitanti per aiutare le proprie banche e che sono i primi finanziatori del FMI: USA e UK in pole position. Inoltre, sempre gli stati hanno aiutato le economie con imponenti programmi di stimolo, facendo crescere a dismisura sia i deficit che i debiti. Agli stati, i debitori per antonomasia, farebbe molto comodo avere un tasso di inflazione più elevato. In questo modo, con il passare degli anni il peso dei loro debiti sarebbe sempre più eroso dall'inflazione. Cosa che oggi accade in modo molto meno veloce, visto che l'inflazione è bassa. Chiaro? Gli stati ora ci aiutano, ma poi si riprendono, grazie all'inflazione, ciò che ci hanno dato. Un'inflazione più elevata serve agli stati.

5) a dire la verità, gli stati sono intervenuti perchè il sistema finanziario, che loro stessi dovevano controllare, era impazzito. Hanno aiutato banche e finanziarie a non fallire, ma poi è dai cittadini che vogliono essere ripagati! Vi sembra normale che dopo quasi tre anni dall'inizio della crisi non sia cambiata una sola regola? Ma neanche una! Le riunioni continuano, ma non è cambiato niente. Niente di nuovo sui derivati, ancora niente di nuovo sulle banche, niente di nuovo sulle transazioni non regolamentate, niente di nuovo sui mutui o sui prestiti, niente di nuovo sulla vigilanza, nessuna nuova regola. Insomma, non hanno fatto niente contro i responsabili della crisi, però propongono di aumentare l'inflazione a tutto svantaggio di chi quella crisi non l'ha creata e ne ha subito più di altri le conseguenze (cioè i cittadini con un lavoro dipendente e i cittadini con occupazioni saltuarie, i più colpiti dall'inflazione).

6) per finire è giusto ricordare che anche le grandi banche sono ancora enormemente indebitate! e questa politica permetterebbe loro da un lato di ridurre il peso del debito grazie ad una inflazione più levata e dall'altro di aumentare i profitti concedendo ai cittadini mutui e prestiti a tassi più elevati. Se le banche centrali aumentano i tassi perchè aumenta l'inflazione, le banche a loro volta aumentano i tassi praticati alla clientela. Sarebbe un'altra bella mano d'aiuto per le banche! Prima si è lasciato che le banche facessero di tutto limitando le regole, poi sono state salvate con i soldi dei cittadini e adesso si completa l'opera aiutandole con un po' di inflazione in più.

Mi sembra che altri commenti siano superflui. Ovviamente i giornalisti italiani pensano al vincitore di Amici o del Grande Fratello, ma non informano i cittadini di cosa potrebbe accadere alle loro vite se una simile trovata geniale diventasse realtà!

Avrei forse qualche altra nota, ma l'intervento è già abbastanza lungo e corposo. E ho detto la gran parte di ciò che mi veniva in mente...meditiamo per 5 minuti in silenzio.

AF 06/04/2010

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