L'Italia e la crisi, qualche constatazione

Le recenti turbolenze internazionali, europee e nazionali stanno spostando nuovamente l’attenzione di economisti e cittadini verso il mondo finanziario riducendo, al contempo, l’interesse per l’economia reale. Ancora una volta, quindi, si tende a perdere il contatto con l’attività produttiva, foriera di progresso economico nel medio-lungo periodo.

I gravi problemi che l’area dell’Euro sta attraversando da un paio di anni, soprattutto legati alle difficoltà dei debiti sovrani di alcuni Paesi membri, incrementano le preoccupazioni sulla stabilità dell’area e contribuiscono a minare quell’idem sentire che sosteneva il progetto di unificazione europea.

Uno spostamento dell’ottica è avvenuto anche in Italia. Infatti, a livello nazionale si è tradizionalmente posto molto più l’accento sul numeratore del rapporto debito/Pil piuttosto che sul denominatore. Solo ultimamente, grazie ad una nuova impostazione a livello europeo della struttura di controllo delle finanze pubbliche nazionali, si è cominciato a discutere su proposte per stimolare la crescita e su strumenti e riforme utili per incrementare il potenziale di sviluppo del Paese.

È bene, quindi, osservare qualche dato “concreto” che spieghi l’andamento dell’economia italiana nel corso degli ultimi anni.

L’Italia è storicamente una nazione vocata all’esportazione, anche se questa tendenza non è uniforme su tutto il territorio nazionale. Come è risaputo, sono le regioni settentrionali ad essere più legate al ciclo dell’economia internazionale. Esse esportano, sia in valore assoluto quanto in rapporto alla produzione locale, molto più delle regioni centro-meridionali. Tra le regioni che esportano di più in valore abbiamo in successione la Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna, il Piemonte, la Toscana, il Lazio e il Friuli Venezia Giulia. Le regioni meridionali, invece, occupano gli ultimi posti della classifica.

Se osserviamo il grado di apertura delle singole regioni, notiamo che ai primi tre posti ci sono regioni del Nord Est: Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Veneto. Ciò testimonia che quell’area del Paese è più aperta ai traffici commerciali. Stesso risultato lo otteniamo rapportando le esportazioni al valore aggiunto regionale. Sono le tre regioni del Nord Est a mostrare il valore più elevato: le loro esportazioni hanno un peso sul valore aggiunto che è maggiore rispetto alle altre regioni italiane.

Il legame con l’estero e l’impatto di questa relazione a livello territoriale sono stati evidenti quando è cominciata la Grande Crisi. Si è avuta, infatti, una evidenza concreta di quanto la struttura economica nazionale e la sua articolazione territoriale vada a pesare sulle performance finali. Osservando i dati della tavola 1 si nota la netta caduta delle esportazioni di beni nel 2009 in Italia, superata solo dalla performance negativa del Giappone. Ciò si è poi trasmesso all’economia nazionale dando vita ad una profonda recessione che, tra le grandi economie, è stata superata solo dallo stesso Giappone. È evidente quanto la caduta delle esportazioni abbia influito sul risultato finale dell’economia italiana, visto che in Italia non si è sofferto né di crisi bancarie né di bolle immobiliari.

Emerge, inoltre, come la Grande Crisi abbia colpito in modo intenso le economie italiana e tedesca. Tra i grandi Paesi europei e tra le grandi economie mondiali, Italia e Germania hanno registrato performance tra le più negative. E non è un caso che entrambe siano nazioni che tendono ad esportare molta parte della loro produzione.

In questo contesto si può notare come la crisi abbia avuto un impatto differenziato a livello territoriale. Come mostrato nella tavola 2, nel 2009 sono state proprio le regioni più esposte all’andamento dell’economia globale a registrare la riduzione maggiore del Pil. Lombardia, Piemonte e tre regioni del Nord Est (Friuli, Emilia e Veneto) hanno registrato variazioni peggiori rispetto a quella nazionale. Inoltre, a supporto di questa analisi c’è il dato della Calabria. Essa è la regione meno aperta ai traffici ed è anche la regione che ha mostrato la riduzione meno marcata del Pil nel 2009. La Calabria, data la scarsa propensione alle esportazioni, è stata protetta dalle avversità internazionali ed ha registrato nel 2009 una variazione negativa molto inferiore alla media nazionale.

Quindi, le esportazioni hanno influito grandemente sui risultati delle singole regioni andando a deprimere il Pil lì dove i legami con l’estero erano più sviluppati.

Questo legame con l’estero, però, può diventare un aspetto importante per comprendere cosa accadrà ai diversi territori italiani nel corso dei prossimi anni. L’economia del Nord Italia, e del Nord Est in particolare, dovrebbe avere migliori prospettive di crescita rispetto alle altre macroaree del Paese, proprio grazie alla maggior presenza sui mercati esteri delle imprese ivi localizzate.

Infatti, concentrandoci sulla dimensione europea, le regioni del Nord Est sono molto legate alle zone del centro Europa. Le quattro regioni dell’area rappresentano il 35 per cento dell’export italiano verso la Germania.

Da ciò deriverebbe uno scenario di crescita più positivo per quelle regioni, visto che la Germania mostra un andamento della crescita economica molto più robusto sia rispetto all’Italia che rispetto alle altre Nazioni europee. La tavola 1 mostra la crescita della Germania nel 2010, +3,5 contro +1,3 italiano, e le previsioni per il 2011 che prevedono uno scarto positivo di 1,5 punti percentuali per la Germania. Si deve tener presente, inoltre, che la Germania è stata anche nel 2010 il principale mercato di sbocco per le nostre esportazioni, rappresentando il 13% del totale, seguita da Francia, Stati Uniti e Spagna.

Inoltre, la maggior crescita rende in primo luogo le imprese export oriented, e a traino tutto il sistema imprenditoriale, meno rischiose rispetto alle imprese concorrenti di pari dimensione e produzione focalizzate solo sul mercato domestico o su mercati che registrano una espansione inferiore rispetto a quella tedesca. La validità di questo legame è supportata dai valori del tasso di decadimento, cioè la sofferenze prodotte in un trimestre rapportate al totale degli impieghi. Esaminando questi tassi calcolati sui numeri, cioè sul numero di nuove imprese entrate in sofferenza, e analizzando le macroaree italiane si osserva che proprio il Nord Est dell’Italia ha un indicatore più basso rispetto alle altre aree del Paese. I dati della tavola 3 sono eloquenti: il Nord-Est ha sempre un dato inferiore rispetto sia alla media nazionale che rispetto alle altre regioni del Nord Italia.

 

Tavola 1: Pil ed esportazioni di beni, variazioni percentuali annuali

 

2007

2008

2009

2010

2011

Australia PIL

4.588

2.588

1.325

2.747

2.971

Australia Exp

1.542

4.139

3.933

6.778

7.05

Austria PIL

3.729

2.179

-3.888

1.961

2.44

Austria Exp

9.934

0.125

-18.637

12.57

7.43

Belgio PIL

2.793

0.795

-2.653

1.973

1.707

Belgio Exp

4.279

1.427

-11.393

13.246

6.055

Canada PIL

2.2

0.518

-2.462

3.071

2.752

Canada Exp

1.346

-5.139

-15.333

7.299

8.567

Francia PIL

2.323

0.091

-2.546

1.486

1.647

Francia Exp

1.758

-0.663

-12.998

11.647

5.369

Germania PIL

2.784

0.703

-4.669

3.504

2.541

Germania Exp

7.531

2.153

-16.608

15.83

7.554

Grecia PIL

4.279

1.023

-2.045

-4.535

-3.039

Grecia Exp

1.456

3.841

-17.989

6.03

21.83

Irlanda PIL

5.626

-3.548

-7.58

-1.041

0.547

Irlanda Exp

4.979

0.388

-4.966

9.447

4.231

Italia PIL

1.482

-1.323

-5.217

1.296

1.052

Italia Exp

14.52

3.05

-23.653

4.601

8.397

Giappone PIL

2.363

-1.165

-6.285

3.938

1.398

Giappone Exp

4.932

-1.803

-26.353

24.113

3.078

Corea PIL

5.106

2.298

0.196

6.11

4.46

Corea Exp

10.414

6.77

0.125

15.855

11.534

Olanda PIL

3.921

1.881

-3.915

1.748

1.5

Olanda Exp

7.796

2.61

-8.881

12.493

7.5

Norvegia PIL

2.731

0.751

-1.428

0.447

2.91

Norvegia Exp

1.282

0.584

-3.846

-1.955

2.091

Portogallo PIL

2.386

0.018

-2.474

1.398

-1.512

Portogallo Exp

9.337

1.895

-15.544

1.538

5.703

Spagna PIL

3.572

0.864

-3.722

-0.147

0.829

Spagna Exp

7.489

-1.851

-12.455

13.567

6.7

UK PIL

2.685

-0.065

-4.875

1.251

1.659

UK Exp

-10.325

1.394

-12.29

10.721

10.105

Stati Uniti PIL

1.947

0

-2.633

2.834

2.758

Stati Uniti Exp

9.751

6.298

-11.962

14.697

8.911

Fonte: Fondo Monetario Internazionale

 

Tavola 2: Variazione Pil 2008-2009 nelle regioni italiane.

Regione

Variazione Pil 09/08

Piemonte

-6.2%

Valle d’Aosta

-4.4%

Lombardia

-6.3%

Veneto

-5.9%

Friuli

-5.6%

Liguria

-3.3%

Emilia Romagna

-5.9%

Toscana

-4.3%

Umbria

-5.9%

Marche

-4.7%

Lazio

-3.3%

Abruzzo

-6.9%

Molise

-3.6%

Campania

-5.2%

Puglia

-5.0%

Basilicata

-4.5%

Calabria

-2.3%

Sicilia

-2.7%

Sardegna

-3.6%

Italia

-5.0%

Fonte: Istat

 

 Tavola 3: Tasso di decadimento sui numeri, Imprese

 

Italia

Nord Occidentale

Nord Orientale

Centro

Sud

Isole

31/03/2011

0,603

0,532

0,494

0,649

0,809

0,842

31/12/2010

0,742

0,708

0,618

0,768

0,942

0,957

30/09/2010

0,618

0,571

0,526

0,651

0,761

0,855

30/06/2010

0,703

0,655

0,554

0,736

0,939

1,004

31/03/2010

0,646

0,640

0,515

0,657

0,834

0,821

31/12/2009

0,721

0,683

0,610

0,733

0,984

0,820

30/09/2009

0,587

0,557

0,516

0,570

0,813

0,638

30/06/2009

0,630

0,589

0,544

0,653

0,830

0,735

31/03/2009

0,503

0,493

0,432

0,525

0,633

0,571

31/12/2008

0,529

0,491

0,442

0,559

0,673

0,791

30/09/2008

0,370

0,343

0,316

0,396

0,447

0,559

30/06/2008

0,386

0,334

0,322

0,450

0,529

0,492

31/03/2008

0,366

0,316

0,292

0,428

0,496

0,562

31/12/2007

0,438

0,395

0,340

0,484

0,636

0,643

30/09/2007

0,343

0,306

0,280

0,374

0,480

0,499

30/06/2007

0,406

0,370

0,318

0,446

0,580

0,596

31/03/2007

0,386

0,336

0,300

0,444

0,577

0,564

Fonte: Banca d’Italia

  

Seppur il ciclo economico non sia ancora realmente ripartito e mostri ancora incertezze anche nelle nazioni più forti, è possibile fornire una prima prova di questo ragionamento. Già i dati sul tasso di decadimento testimoniano la miglior condizione del Nord-Est. Ma anche l’andamento dell’economia conforta la costruzione teorica fin qui proposta. Infatti, quello che si è rivelato il tallone d’Achille per le regioni settentrionali nella fase più acuta della crisi, si sta adesso rivelando il punto di forza per differenziarsi dall’andamento delle altra aree del paese. Una volta che i Paesi dell’Europa centrale, partendo dalla Germania, hanno ricominciato a crescere in modo più spedito, la debolezza si è trasformata in caratteristica distintiva e positiva. La possibilità di farsi trainare dalla ripresa tedesca sta dando alle regioni del Nord-Est l’opportunità di crescere in modo più spedito anche se inserite in un contesto di stagnazione nazionale. Infatti, la stima anticipata degli aggregati economici del 2010 presentata dall’Istat mostra un andamento coerente con il quadro descritto: il Nord-Est segna una crescita del Pil del 2,1 per cento contro una media nazionale del +1,3 per cento. Le altre macroaree mostrano tassi di crescita inferiori. Il Nord-Ovest è cresciuto dell’1,7 per cento, il Centro dell’1,2 per cento e il Sud solo dello 0,2 per cento. Questo risultato è dovuto in modo particolare all’industria, il cui valore aggiunto è cresciuto nel Nord-Est del 3,9 per cento e il settore industriale è ovviamente più influenzato dalle esportazioni verso mercati in espansione. Ma anche i servizi e il settore agricoltura-silvicoltura-pesca sono cresciuti nel Nord-Est più che in tutte le altre aeree del Paese, mostrando così l’effetto traino cui si faceva cenno in precedenza.

Di certo, il rimbalzo non ha permesso di colmare il gap di crescita accumulato tra 2008 e 2009, ma sta dando alle regioni dell’Italia Nord Orientale la possibilità di registrare performance più positive rispetto alle altre aree del Paese. Possiamo spiegare in parte questa performance se osserviamo l’andamento delle esportazioni. Tra le macroaree, escludendo il Sud che ha un peso sulle esportazioni relativamente piccolo, è il Nord-Est che ha registrato un rimbalzo delle esportazioni percentualmente superiore tra 2009 e 2010. Ciò ha già iniziato a trainare le regioni e si è tradotto in un maggiore incremento del Pil come testimoniato dalle prime previsioni sul Pil dell’Istat prima menzionate.

Le regioni più export oriented e con maggiori legami con la Germania stanno già risentendo positivamente di questo legame e mostrano performance di crescita economica e di rischiosità del credito migliori rispetto ad altre aree dell’Italia. La speranza è che siano le esportazioni a trainare l’economia italiana finchè non si riavvii una qualche forma di crescita endogena.

 

AF 17/08/2011

Vietata la riproduzione. Se vuoi citare scrivi: Antonio Forte, "L'Italia e la crisi, qualche constatazione", http://antonioforte.xoom.it.

 

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