Lo Spread, questo (s)conosciuto!

Cominciamo con il dire che il termine spread non era del tutto sconosciuto agli italiani. Infatti, ancor prima che cominciassero le turbolenze sui titoli di stato italiani, lo spread era la differenza che la banca caricava sui tassi di interesse dei prestiti. I banchieri vi dicevano: “vi possiamo offrire questi soldi, al tasso Euribor a 3 mesi più 2 punti di spread”. Il termine, quindi, era familiare a moltissimi italiani.

È diventato però oggetto di discussione e di drammi quotidiani quando la crisi finanziaria si è decisa a colpire i titoli di stato italiani. Da agosto 2011 è ormai una costante: ogni santo giorno (anche sabati e domeniche, quando i mercati finanziari sono chiusi e le persone dovrebbero dedicarsi ad altro...) in tv ci parlano dello spread, cioè della differenza fra tassi di interesse dei titoli italiani e tedeschi.

La domanda sorge spontanea: a noi italiani quanto ci interessa lo spread? È proprio necessario sapere quanto è grande la distanza tra i tassi di interesse italiani e quelli tedeschi?

La risposta è, come dicono sempre gli economisti, dipende. In parte ci interessa. Il problema è che su questo numero i giornalisti creano forti allarmismi, a volte ingiustificati. Vediamo il perchè.

Poiché, in questo caso, lo spread è la differenza tra i tassi di interesse italiani e quelli tedeschi esso è influenzato, ovviamente, dall’andamento dei tassi di interesse italiani e dall’andamento dei tassi di interesse tedeschi. Questo “piccolo” particolare viene sempre trascurato dai giornalisti. E, invece, è il particolare più importante.

Infatti, a noi italiani interessa non tanto la differenza tra tassi italiani e tedeschi, ma il valore del tasso di interesse italiano. È questo valore che fa cambiare il costo del debito, che fa aumentare o diminuire gli interessi che lo Stato deve pagare. Il valore relativo, cioè la differenza rispetto ai titoli tedeschi, può non cambiare la vita delle finanze italiane.

Qualcuno obietterà: ma se lo spread aumenta è ovvio che i tassi italiani aumentino. E, invece, non è ovvio per niente! (lo spiego più in basso con alcuni esempi), ciò accade quando lo spread varia solo perchè variano i tassi di interesse tedeschi.

Riassumiamo: in tv e sui giornali ci riempiono la testa con lo spread, ma sarebbe molto più importante che ci venga comunicato solo ed esclusivamente il valore dei tassi di interesse italiani. Lo spread ci può servire per altre considerazioni, che alle tasche degli italiani, per ora, non interessano.

Passiamo ai numeri e capiamo perché è un indicatore poco attendibile.

Nel momento in cui scrivo (24 aprile 2012) i tassi di interesse italiani sui titoli a 10 anni nel mercato secondario sono pari al 5,675%. I corrispondenti titoli tedeschi segnano un tasso dell’1,698%. Lo spread? È pari a 5,675 – 1,698, cioè 3,977 (oppure è pari a 397 punti, come vi dicono in tv). (la fonte di questi dati è il sito Bloomberg) 

Ora esaminiamo qualche altro dato.

Ottobre 2011: il valore medio dello spread tra tassi decennali italiani e tedeschi in quel mese fu pari a 3,972 (cioè 397). Seguendo ciò che dicono i giornalisti la situazione media di ottobre 2011 dovrebbe essere identica a quella del 24 aprile 2012, visto che lo spread è identico, in entrambi i casi pari a 397. Invece non è così. Ad ottobre 2011 il tasso medio italiano fu pari al 5,97%, mentre quello tedesco si attestò al 2%.

Tra le due situazioni quella attuale è più sostenibile per l’Italia: 24 aprile 2012 tasso 5,675%, ottobre 2011 tasso 5,97%.

Già questo confronto ci fa capire qualcosa in più. Lo spread perde la sua rilevanza se non è calcolato su un valore fisso. Il 24 aprile 2012, nonostante in Italia sia stato registrato un tasso di interesse più basso rispetto alla media di ottobre 2011 lo spread risultava identico a quello di qualche mese prima. Ciò perché anche il tasso di interesse tedesco era variato, in questo caso è sceso dal 2 al 1,69%! Ma per l'Italia avere un tasso al 5,67% è meglio che averlo al 5,97%!

Passiamo ad un altro dato interessante.

Maggio 2011. La crisi non aveva ancora toccato in modo robusto i titoli italiani che segnavano un tasso di interesse pari al 4,756%. I tassi tedeschi erano pari al 3,06%. Spread: 1,696 o, in modo equivalente, 169.

Confrontiamo maggio 2011 con il 24 aprile 2012. I tassi italiani sono cresciuti da 4,756% a 5,675%, cioè +0,919%. I tassi tedeschi sono scesi da 3,06% a 1,698%, cioè -1,362%. Da ciò capiamo che tra maggio 2011 e il 24 aprile 2012 la crescita dello spread, passato da 169 a maggio 2011 a 397 il 24 aprile 2012, è legata più alla discesa dei tassi tedeschi (136,2 punti) che alla crescita di quelli italiani (91,9 punti). Infatti i 397 punti di spread di oggi, sono uguali ai 169 di maggio 2011, più l’aumento di 91,9 dei tassi italiani e più la discesa di 136,2 dei tassi tedeschi (397=169+91,9+136,2, con un piccolo arrotondamento).

Per questo motivo, guardare lo spread è solo limitatamente indicativo della situazione italiana e crea eccessivi allarmismi. Osservate che tra maggio 2011 e il 24 aprile 2012 i tassi di interesse sui titoli a 10 anni italiani registrati sul mercato secondario sono cresciuti dal 4,75% al 5,67%, meno di un punto percentuale. Considerato il periodo che abbiamo attraversato qualche mese fa e tutte le preoccupazioni che adesso aleggiano sull’Europa, non mi sembra nulla di eccezionale.

Con questo non si vuol dire che la situazione economica sia felice, che non ci siano problemi e che si possa festeggiare. Ma è certo che il dramma quotidiano dello spread, propinato dai tg ad una popolazione che attraversa un periodo anormale, non fa che aumentare ansia e preoccupazione, anche se il tutto si basa su una percezione falsata dei dati. I giornalisti farebbero bene a studiare, ad analizzare con calma e obiettività la situazione e a lanciare allarmi solo quando è necessario.

Gli italiani hanno già gravi problemi cui far fronte, se l’atmosfera generale viene resa ancor più cupa da notizie negative, ma senza fondamento, chi le diffonde si assume una importante responsabilità. Io, nel mio piccolo, cerco di ricondurre l’interpretazione dei dati ad un contesto più sobrio e oggettivo.

AF 24/04/2012

Vietata la riproduzione. Se vuoi citare scrivi: Antonio Forte, "Lo spread, questo (s)conosciuto!", http://antonioforte.xoom.it.

 

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