La "cattura" delle Banche Centrali

Nello studio delle relazioni tra autorità di vigilanza e soggetti vigilati si parla del fenomeno della "cattura" quando il soggetto che vigila perde una parte della (o tutta la) sua autonomia decisionale, di controllo, di sanzione. Questo fenomeno avviene o perchè ci sono forti pressioni di lobbies (ovviamente, lobbies costituite dai soggetti vigilati) oppure perchè il soggetto politico che dovrebbe garantire l'autonomia dell'autorità è anch'esso troppo "vicino" ai soggetti regolati e, quindi, condiziona l'operato dell'autorità. Questi condizionamenti avvengono, di solito, ex ante. Cioè si concentrano, ad esempio, sul sistema di elezione e/o selezione del presidente dell'autorità e dei suoi membri. Sulle procedure che l'autorità deve rispettare. Sulle risorse finanziarie di cui l'autorità può disporre. In breve, si parla di "cattura" quando l'operato di una autorità di vigilanza viene condizionato in qualche modo.

In questo intervento mi soffermerò su un'idea che mi è nata qualche tempo fa e che proverò a sviluppare in modo scientifico nei prossimi mesi che parte proprio dall'idea di cattura. Per ora mi limito a scrivere le riflessioni che sono alla base del mio ragionamento.

Penso che il momento storico che stiamo vivendo metta in discussione l'autonomia delle Banche Centrali. In parte è colpa anche delle stesse banche centrali, ma credo che l'ambiente economico in cui si troveranno ad operare nel corso dei prossimi mesi-anni rappresenterà un grande ostacolo per la loro autonomia decisionale. Non si tratta di una cattura in senso stretto, cioè non abbiamo visto e non vedremo modifiche nelle procedure di elezione dei banchieri centrali e non vedremo, almeno in modo palese, forti pressioni sulle banche centrali (ma non ci scommetterei). Assisteremo invece ad un "ingabbiamento macroeconomico" che ne limiterà drasticamente la libertà operativa. Infatti, come evidenzierò nella parte restante dell'intervento, le azioni che le banche centrali prenderanno per cercare di tornare alla normalità si scontreranno con enormi resistenze da parte di famiglie, imprese e governi, ma dovranno anche essere attentamente ponderate per evitare un nuovo periodo di recessione. E a mio avviso, oggi una buona ponderazione porterebbe le banche centrali alla immobilità.

Cerco adesso di spiegare il perchè di questo mio ragionamento cercando di analizzare la questione da tutte le possibili angolature.

1) tassi vs famiglie: questo è il primo problema. A livello mondiale, l'indebitamento delle famiglie è esploso nel corso degli ultimi decenni. Soprattutto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna le famiglie hanno livelli di indebitamento estremamente preoccupanti. Questa crisi, infatti, è nata a proprio dalle difficoltà delle famiglie statunitensi nel ripagare i mutui. In questo periodo alcuni dati sembrano confortanti. Le famiglie americane stanno gradatamente incrementando il tasso di risparmio (fino a qualche mese fa era ancora negativo, cioè le famiglie americane spendevano più di quanto guadagnavano, continuando ad indebitarsi) e i tassi estremamente bassi hanno alleviato le sofferenze delle famiglie più in difficoltà riducendo l'ammontare delle rate da pagare sui mutui o sui prestiti a tasso variabile. Questo aggiustamento, cioè la riduzione dei debiti delle famiglie, può avvenire solo in modo molto graduale e, ovviamente, è solo ai primi passi. Quindi, un incremento deciso dei tassi di interesse troverebbe questo ostacolo sociale. Da considerare è che i governi potrebbero facilmente ergersi a paladini delle famiglie intimando alle banche centrali di essere lente e graduali nell'aumentare i tassi. Ecco svelato il primo ostacolo.

2) tassi vs imprese: situazione analoga sul fronte imprenditoriale. In questo caso, un legame diretto lo troviamo soprattutto nelle nazioni in cui le imprese sono molto esposte con il settore bancario (è il caso dell'Italia). Se la banca centrale aumenta i tassi, le banche alzeranno i tassi praticati alle imprese e ciò renderà difficile per le imprese far quadrare i conti. Questo è il canale diretto. Ma, un aumento dei tassi, limitando gli investimenti renderebbe più ardua la ripresa del PIL (quando i tassi aumentano, diventa più costoso prendere a prestito e poter effettuare, con quei prestiti, nuovi investimenti. Frenando gli investimenti, frena anche il PIL, di cui gli investimenti rappresentano la parte più variabile). Altro ostacolo per le banche centrali.

3) tassi vs banche: per le banche la situazione è più delicata perchè una manovra sui tassi creerebbe problemi da diversi punti di vista. In primo luogo aumenterebbe il costo per ottenere i fondi dalle banche centrali. Ma questo è un problema trascurabile perchè nel medio periodo le banche riversano sui clienti questi maggiori costi. Problemi più gravi per le banche possono essere legati al "balance sheet effect". Se i tassi vengono aumentati, prassi vuole che il valore delle azioni e dei titoli di stato tenda a diminuire. Poichè le banche hanno investito molto in azioni e titoli di stato nel corso degli ultimi mesi, questa inversione di rotta dei tassi può compromettere seriamente gli equilibri di bilancio: le banche potranno perdere denaro dal trading, potrebbero essere costrette a svalutare le loro partecipazioni e potrebbero ritrovarsi titoli di stato con un valore inferiore rispetto a quello di acquisto (ed essere costrette a tenere a lungo questi titoli, fino alla loro scadenza, immobilizzando risorse). Inoltre, tassi più alti alla clientela portano ad una selezione avversa dei clienti: cioè più alti sono i tassi, più sono i clienti peggiori che accettano.

4) tassi vs governi: veniamo al problema "nuovo". A causa della profonda crisi, i Governi hanno dovuto aumentare le spese per salvare le banche, per evitare il collasso dell'economia, per salvaguardare i posti di lavoro, per fini sociali. Il deficit e il debito sono esplosi e stanno esplodendo. Ciò significa che gli stati devono pagare più interessi sul debito. Quando i tassi cominceranno a salire, il servizio del debito (cioè gli interessi pagati sul debito) aumenterà e gli stati si troveranno in difficoltà. Forse sarà necessario aumentare un po' le tasse o ridurre le spese per sopperire a queste nuove uscite. Gli stati faranno molta moral suasion affinchè i tassi aumentino il meno possibile e con estrema lentezza. Questa potrebbe essere la forma maggiore di condizionamento per le banche centrali. Gli stessi governi che fino a pochi mesi-anni fa lodavano le banche centrali perchè erano riuscite a tenere a bada l'inflazione ora inizieranno ad intromettersi nella gestione della politica monetaria (ne abbiamo già una prova con le polemiche negli USA sulla rielezione di Bernanke e sulla struttura da dare alla Fed dopo la riforma della vigilanza) e a criticare il loro operato.

5) liquidità vs tassi: le banche centrali, nella fase acuta della crisi, hanno cominciato ad immettere enormi quantità di liquidità nel mercato. Nei prossimi mesi questa liquidità verrà pian piano ritirata. Ciò produrrà un incremento naturale dei tassi...e torniamo ai punti 1, 2 , 3, 4. Anche ritirare la liquidità sarà molto delicato per le banche centrali.

6) tassi vs cambio-esportazioni: quando i tassi di interesse salgono il cambio tende a rafforzarsi. Se il cambio si rafforza le esportazioni perdono competitività. Governi e imprese esportatrici chiederanno di aumentare i tassi con molta gradualità per evitare scossoni sui tassi di cambio. Abbiamo avuta una prova di questo qualche giorno fa, quando la Fed ha rialzato di 25 punti base il tasso di sconto e il Dollaro si è subito rafforzato sull'Euro. E già cominciano a serpeggiare preoccupazioni per le esportazioni degli USA. Altro problema, il deficit commerciale USA, che si stava gradualmente riassorbendo.

Tutto ciò mi porta a credere che le banche centrali stiano vivendo un periodo di "ingabbiamento", di cattura macroeconomica. Questa è l'idea che cercherò di testare empiricamente...ma non posso dire come!

AF 21/02/2010

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