ECONOMIA GLOBALE ED ETICA

 

E’ molto difficile riuscire a concentrare in un breve articolo un argomento di così grande importanza e di così vaste proporzioni. Questa tematica a molti può sembrare un’utopia. Si è, infatti, indotti a pensare, osservando lo scenario socio-economico che ci circonda, che sia impossibile operare in economia non violando i valori etici.

Invero, se si osserva con attenzione il mondo economico, si possono scoprire già oggi realtà che testimoniano come sia possibile coniugare economia ed etica. Si possono citare, a tal proposito, la Banca Etica ed il Commercio equo e solidale che, seppur poco conosciuti, riescono, con il loro piccolo contributo, a comunicare a noi tutti un messaggio che deve spingerci alla riflessione. Dobbiamo capire che si può da subito cominciare a smuovere qualcosa nell’attuale statico panorama economico cercando di aiutare queste realtà a diventare sempre più grandi. E’ importante anche sottolineare come una azione di questo tipo risulti molto più incisiva rispetto a sterili manifestazioni che, a causa della violenza che molto spesso le caratterizza, finiscono per screditare anche coloro i quali operano seriamente. Se, infatti, si riuscisse a dimostrare che vi è una attenzione verso questo tipo di economia si lancerebbe un messaggio che sarebbe immediatamente recepito dal mondo economico provocando importanti cambiamenti.

E’ utile anche soffermarsi su una questione che, molto spesso, viene trascurata. Frequentemente si è indotti, dalla scarsa informazione sull’argomento, a vedere il “mercato” come il peggiore nemico dell’uomo e a considerare il liberismo come una piaga da combattere. La conseguenza è che molte persone, sentendo queste parole, maturano un’idea sbagliata sull’argomento e sono portati a trarre conclusioni sbagliate. Infatti, basterebbe un piccolo approfondimento di quelli che sono i fondamenti dell’economia per capire l’errore di fondo che queste persone compiono e che sicuramente continueranno a compiere. Costoro travisano sia il significato di “mercato” sia quello di “liberismo”. Essi ritengono che un’economia aperta significhi la completa colonizzazione da parte dei più forti e dei più ricchi che, come conquistatori, spazzano via i più poveri. Se, infatti, si studiasse attentamente un po’ di economia, si capirebbe che il libero mercato ha come obiettivo quello di rendere il commercio più facile possibile garantendo a tutti la possibilità di offrire i propri prodotti o di soddisfare i propri bisogni in piena libertà. Quindi non si deve lottare contro il libero mercato, ma contro chi approfitta della libertà per sopraffare i più deboli e contro chi combatte il libero mercato pensando di agire giustamente. Se, infatti, si ascolta un economista o si legge un libro di economia, prima o poi si comprenderà che gli stessi economisti considerano il libero mercato un’utopia. Ciò perché la sua realizzazione è ostacolata da accordi fra le maggiori imprese del pianeta. Esse, difatti, riducono la libertà che si vorrebbe realizzare nel mercato e fanno si che poche aziende a livello mondiale possano controllare o dominare il mercato e influire pesantemente sulle economie dei paesi più poveri.

Semplificando, si può dire che l’obiettivo del libero mercato è quello di fornire a tutti le stesse possibilità evitando le cosiddette “posizioni dominanti”( che si verificano quando una o poche aziende controllano la maggior parte del mercato ). Nella realtà avviene, come tutti sanno, esattamente il contrario! Ci sono, a livello mondiale, alcune aziende talmente potenti, nei propri settori, che riescono a regolare i prezzi, le produzioni e gli scambi delle merci. Questo fenomeno, denominato oligopolio, andrebbe contrastato tenacemente onde evitare che poche imprese condizionino la crescita dei Paesi in via di sviluppo. Questi ultimi, se fosse garantito il libero mercato, potrebbero decidere da soli i propri piani di sviluppo senza dover accettare le condizioni imposte dalle ormai famose imprese “multinazionali”.

E’ importante quindi che si riesca, a livello politico, a dar vita ad organi di controllo che difendano la libertà dei mercati e che non siano condizionati dalla forza economica di queste grandi imprese. Oggi esistono degli organi nazionali ( i cosiddetti antitrust ) che cercano, appunto, di evitare che nel mercato si venga a formare una posizione di dominio di poche imprese. Ritengo, tuttavia, che sarebbe più efficiente un organo sovranazionale che sia garante della libertà del commercio su tutto il pianeta.

A tal proposito è utile ricordare alcuni brani tratti dall’Enciclica Centesimus annus di Giovanni Paolo II. Si tratta di due passi del capitolo IV intitolato “La proprietà privata e l’universale destinazione dei beni”:

“ In anni non lontani è stato sostenuto che lo sviluppo dipendesse dall’isolamento dei paesi più poveri dal mercato mondiale e dalla loro fiducia nelle sole proprie forze. L’esperienza recente ha dimostrato che i paesi che si sono esclusi hanno conosciuto stagnazione e regresso mentre hanno conosciuto lo sviluppo i paesi che sono riusciti a entrare nella generale interconnessione delle attività economiche a livello internazionale. Sembra, dunque, che il maggior problema sia quello di ottenere un equo accesso al mercato internazionale, fondato non sul principio unilaterale dello sfruttamento delle risorse naturali, ma sulla valorizzazione delle risorse umane” ( paragrafo 33 );

“Sembra che, tanto a livello delle singole nazioni quanto a quello dei rapporti internazionali, il libero mercato sia lo strumento più efficace per collocare le risorse e rispondere efficacemente ai bisogni. Ciò, tuttavia, vale solo per quei bisogni che sono <<solvibili>>, che dispongono di un potere d’acquisto, e per quelle risorse che sono <<vendibili>>, in grado di ottenere un prezzo adeguato” ( par 34 ).

In conclusione, si può affermare che da una parte si deve favorire la libertà nei mercati, ma, come detto anche nella Centesimus annus, bisogna operare affinché tutti gli uomini possano soddisfare i bisogni fondamentali senza che questi divengano una merce da comprare e assicurando sempre e in ogni luogo il rispetto dei diritti dell’uomo.

AF 12/2002

 

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