Antonio Forte VS Carlo De Benedetti

Sabato 14/03/2009 l'Ing. Carlo De Benedetti ha pubblicato un lungo articolo su "ILSole24Ore" sottolineando i problemi legati al prossimo avvento della deflazione (deflazione=riduzione dei prezzi in valore assoluto. Cioè, oggi compro il pane a 1,5 euro al kg, dopo un po' di tempo lo potrò acquistare a 1,3 euro al kg). Poiché non condividevo né la premessa, né le conclusioni, né i suoi suggerimenti ho scritto un lungo articolo e l'ho inviato al direttore Ferruccio de Bortoli. Il quale, dopo qualche ora, mi ha detto che avrebbe pubblicato il mio articolo, fra le lettere, ma molto tagliato (ovviamente...perchè quello che dico io, secondo lui, non vale quanto l'opinione di un De Benedetti). Bene, visto che il mio sito è mio, pubblico la mia riflessione per intero.

Prima inserisco l'articolo di De Benedetti, ho fatto la scansione, spero si veda bene (se non si vede, salvate l'immagine e ingranditela) Più in basso la mia riflessione.

Gentilissimo Direttore,

sul numero di Sabato 14 marzo l’Ing. De Benedetti ha proposto un lungo articolo incentrato sul rischio deflazione. Non condivido l’impostazione dell’articolo e vorrei argomentare perché la paura deflazione è eccessiva e viene spesso utilizzata come pretesto per suggerire politiche economiche “di parte”.

Ci sono diversi punti critici che vorrei esaminare:

1.  In primo luogo bisogna considerare che negli ultimi anni lo spettro della deflazione è stato ciclicamente riproposto da una parte degli economisti e da una parte degli imprenditori per stimolare i policy makers e l’opinione pubblica. In questo modo, creando un ampio consenso sulla lotta alla deflazione, le imprese hanno potuto realizzare extra-profitti. Infatti, se osserviamo l’andamento di alcune importanti variabili macroeconomiche nel corso degli ultimi dieci-quindici anni (prezzi all’importazione, produttività, costo reale del lavoro, profitti) ci accorgiamo che le imprese hanno largamente beneficiato del contesto disinflazionistico-deflazionistico internazionale senza trasmettere ai consumatori gli effetti positivi di queste riduzioni dei prezzi. Per essere più chiari, negli ultimi anni (non considerando il periodo dell’attuale crisi) le imprese hanno aumentato i profitti a discapito dei consumatori, i quali hanno dovuto pagare i beni ad un prezzo superiore rispetto a quello che sarebbe stato giusto pagare. Usando un termine “tecnico” si può dire che il pass-through effect è stato molto limitato se non del tutto assente. Questo risultato è confermato da analisi sia statistiche che econometriche (effettuate anche dal sottoscritto). Di conseguenza, si può ritenere che il timore dell’Ing. De Benedetti sia quasi infondato. È molto probabile che non assisteremo ad una vera deflazione perché le imprese approfitteranno della riduzione dei costi degli inputs produttivi per incrementare i loro profitti. Quindi, ancora una volta, i consumatori non potranno beneficiare in modo concreto di una generalizzata riduzione dei prezzi.

2.  Un secondo punto critico dell’analisi dell’Ing. De Benedetti, comune a quella di molti altri economisti-imprenditori, sta negli esempi portati a supporto della sua tesi. Per sottolineare i problemi legati ad un ambiente deflazionistico si rammenta sempre il caso giapponese. Ovviamente, in questo modo, si fornisce una visione parziale della realtà. Infatti, quasi tutti, tendono a dimenticare l’esistenza di un altro lungo periodo della storia recente in cui la deflazione era presente e nessuno se ne preoccupava. Se si esamina l’andamento dei prezzi mondiali nel corso della Prima Globalizzazione (più o meno dal 1870 al 1914) ci si accorge che per lunghi decenni l’economia mondiale ha convissuto con la deflazione pur crescendo a ritmi sostenuti e incrementando in modo eccezionale i traffici commerciali. Quindi, la correlazione tra deflazione e depressione non è stata sempre vera nella storia e, per onestà intellettuale, questo dovrebbe essere ricordato. Da ciò discende che la paura della deflazione è una paura eccessiva: le economie possono prosperare anche se i prezzi sono stabili o tendono a diminuire.

3.  Credo che i timori dell’Ing. De Benedetti siano collegate in larga parte a quanto ho appena descritto. Le imprese vogliono beneficiare di una produttività in crescita, di prezzi all’import in discesa, di un costo del lavoro reale fermo o in diminuzione, di flussi commerciali dai Paesi low cost, evitando che il consumatore ne possa in alcun modo beneficiare. Anche l’esplicita richiesta di fissare “un target per un livello d’inflazione tra il 2 e il 3%” con la clausola “che non si permetterà che il tasso scenda sotto quella soglia” è del tutto fuori luogo. È una visione assolutamente parziale ed esclusivamente a favore del mondo imprenditoriale. Imparino i signori industriali a convivere con la bassa inflazione (anche sotto l’1%) e a ripagare i propri debiti con i profitti generati da una sana imprenditorialità e non speculando sui prezzi.

4.  Intendo dedicare un’ultima nota alla frase dell’articolo dell’Ing. De Benedetti che più mi ha colpito. L’Ingegnere afferma: “In questi mesi la debolezza dell’economia mondiale si è accentuata. Ed è diventata, soprattutto, una crisi di consumi. Nessuno, ormai, compra beni non strettamente necessari, nella ragionevole attesa di poterlo fare in futuro a prezzi più bassi”. L’ultima parte della citazione è la prova di come la nostra classe dirigente sia ancorata a schemi ormai superati. Perché dovrei comprare qualcosa che non mi è necessario? A prescindere dall’andamento dei prezzi, non vedo perché debba spendere i miei soldi in qualcosa di superfluo (“superfluo” è senz’altro un termine più chiaro e diretto rispetto alla fuorviante litote “non necessario”). Si critica il consumismo, lo spreco, l’inquinamento, non sappiamo più dove sotterrare i nostri rifiuti e, nel contempo, c’è ancora qualcuno che ha il coraggio di dispiacersi se i consumi inutili vengono procrastinati o eliminati del tutto. Tali paradigmi economici devono essere radicalmente trasformati perché hanno ampiamente dimostrato di essere basati su fragili fondamenta.

Questi i punti fondamentali della mia critica. Avrei potuto esprimere un giudizio negativo anche su altri passaggi, ma credo che l’idea di fondo sia ben delineata. La mia speranza è che la visione dell’economia possa cambiare radicalmente e anche in fretta. E credo che la deflazione, se mai concretamente si manifestasse, potrà dare una mano in tal senso. Essa, infatti, potrebbe porre fine ad un inutile consumismo che ha creato più danni che benefici e potrebbe altresì contribuire a restituire ai consumatori ciò che le imprese hanno indebitamente trattenuto nel corso dell’ultimo quindicennio. In conclusione, sarebbe più saggio cercare di convivere con la deflazione modificando il nostro stile di vita e le nostre pretese.

Antonio Forte

Dottorando in Economia – Università di Bari

AF 28/03/2009

ps: l'ho pubblicato perchè siano i posteri a dire che dei due ha ragione...

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