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Monetaristi

 

Origine: USA (Chicago)

Periodo di nascita: XX secolo

Maggiori esponenti: Milton Friedman (USA), Anna Schwartz (USA), Karl Brunner (Svizzera), Irving Fisher (USA)

Nel corso degli anni 70 gli shocks petroliferi con le conseguenti recessione ed inflazione congiunte posero in dubbio alcuni dei postulati keynesiani. Un tentativo di elaborare nuovi strumenti teorici adatti alla particolare congiuntura fu rappresentato dalla scuola dei monetaristi che facevano capo a Milton Friedman. Per i monetaristi la quantità di moneta in circolazione è cruciale poiché essa determina il tasso di inflazione e le variazioni di breve periodo del reddito reale. Per questa ragione, secondo Friedman, è necessario aumentare l’offerta di moneta ad un tasso costante, poiché qualsiasi intervento monetario attivo, o discrezionale, rischierebbe  di destabilizzare l’economia. Ciò accadrebbe anche a causa dei ritardi e delle imprecisioni con cui ciascuna manovra monetaria si ripercuote sull’economia reale. D’altra parte, Friedman è contrario anche ad una estesa politica fiscale poiché la spesa pubblica aumenta in corrispondenza delle entrate fiscali disponibili: poiché il settore pubblico tende a spendere tutto l’introito fiscale, egli è favorevole ai tagli fiscali come mezzo di riduzione della spesa pubblica.

Per limitare i problemi legati ad una politica monetaria attiva Friedman consiglia di seguire una regola che vada a legare la quantità di moneta in circolazione con l’attività reale e finanziari, ponendo in determinato obiettivo di inflazione. In questo modo la Banca Centrale perde la sua discrezionalità e si affida ad una relazione standard per decidere le sue azioni. In questo modo si eviterebbe di iniettare troppa moneta in circolazione rispetto alle necessità e di dar vita così ad una spinta inflazionistica, ma anche di creare i presupposti della deflazione qualora la banca centrale riducesse oltremodo la moneta in circolazione.

Questo loro approccio era supportato dall’idea che i mercati riuscissero a trovare un equilibrio in modo autonomo e che, quindi, solo perturbazioni esterne, come quelle prodotte da una politica monetaria discrezionale, creassero stati di disequilibrio.

La forza delle idee monetariste è andata scemando con l’avvento della Grande Crisi, che ha riportato alla ribalta le politiche discrezionali. Ma il confronto è lungi dall’essere risolto perché si potrebbe sempre obiettare che la Grande Crisi altro non sia se non il risultato delle precedenti politiche discrezionali di governi e banche centrali.

 

Storia del Pensiero Economico