Strategia d'uscita

Diventa sempre più diffuso il dibattito sulla cosiddetta "exit strategy" (strategia d'uscita, ovviamente dalla crisi). Su questo argomento si possono elaborare alcune riflessioni interessanti.

In primo luogo spieghiamo cosa è la strategia d'uscita. Ho letto su un quotidiano una bella metafora. La casa bruciava (=l'economia crollava) e i pompieri (=governi e banche centrali) hanno utilizzato tutta l'acqua a loro disposizione (=interventi di emergenza, salvataggi bancari e stimoli economici) per spegnere l'incendio. Ora sorge un problema: bisogna essere così bravi da tirar fuori l'acqua e da spegnere gli idranti senza che il fuoco si riaccenda (=si verifichi un nuovo crollo) o che la casa marcisca (=la struttura economica si abitui ad avere un supporto perenne dallo Stato). E' una operazione molto delicata. Estremamente delicata. Se si spengono gli idranti troppo presto si rischia di ricadere in recessione perchè verrebbe meno il forte sostegno statale senza che i consumi e gli investimenti privati riescano a colmare il vuoto della loro assenza. Se, invece, si continua a buttare acqua all'infinito nell'economia si perde il senso della competizione e della sfida. Come si può capire, scegliere la tempistica ottimale diventa estremamente difficile.

Di certo, è sicuramente prematuro iniziare adesso a spegnere gli idranti. Secondo me, e ne ho parlato in un precedente intervento, vi è ancora il rischio di una crisi a W. Quindi, potrebbe esserci una ricaduta se gli stimoli vengono eliminati nel corso dei prossimi mesi. E infatti cominciavo a preoccuparmi sentendo diversi banchieri centrali e ministri iniziare a discutere di exit strategy. Per fortuna hanno rallentato il passo. Speriamo che si rivelino saggi anche in futuro.

Ma rimane il problema più grosso. Ormai la crisi dura da due anni (il primo forte sintomo lo abbiamo registrato nell'agosto 2007 con l'inizio della crisi di liquidità). Bene, di concreto io ho visto solo una strategia di breve termine: interventi d'urgenza, stimoli, aiuti all'occupazione. Ovviamente sono tutti interventi utili e necessari. Ma in parallelo cammina molto lentamente la strategia di lungo periodo: la revisione delle regole. Tutti ne parlano, tutti ne discutono, tutti propongono, ma non si è visto quasi niente. E quel "quasi" che abbiamo visto è in parte paradossale. Un esempio? Negli Stati Uniti, epicentro della crisi, non riescono ad approvare la nuova regolamentazione sulla vigilanza bancario-finanziaria, nulla hanno ancora fatto sui famosi bonus per i manager, ma sono riusciti ad approvare una norma che ha cancellato il mark to market. Per farla breve su questo ultimo punto, è una revisione che ha permesso, soprattutto alle banche, di aumentare i risultati trimestrali senza fare assolutamente niente. Per questo ho dei seri dubbi sull'andamento dei conti delle banche USA negli ultimi mesi. Non si può capire se il miglioramento dei conti è legato ad una più oculata gestione delle banche o se è semplicemente legato alla neutralizzazione del mark to market.

Ma anche esulando da questo problema specifico, rimane sempre la mancanza di una strategia di lungo periodo. Sembra che sia sufficiente salvare le banche, mettere una toppa sui disoccupati, dare qualche contributo alle imprese e lasciare nuovamente che la barca vada dove vuole la finanza spericolata. Nulla è stato fatto per regolamentare meglio i mercati, nulla è stato fatto per rendere più trasparenti alcuni particolari prodotti finanziari e nulla è stato ancora fatto (dopo due anni!) per migliorare la supervisione dei mercati.

Insomma, G8, G20, G14, riunioni, consigli, previsioni, ma alla fine i politici non hanno ancora inciso sul problema fondamentale che ha portato a questa crisi: la mancanza di una adeguata e aggiornata regolamentazione dei mercati. Ormai è chiaro che i mercati non sono in grado di autoregolarsi. Cosa aspettano i politici? Basta con gli annunci! Fate qualcosa! E fatelo con un'ottica di lungo periodo!

AF 27/09/2009

INTERVENTI